Aspettando… Antonio

“Femminile, plurale”. Rimini, 29 e 30 settembre 2012

Una bella sfida inserire in una piazza religiosa, marchio francescano, le voci laiche dei nostri libri. Una sfida possibile perché sotto il segno dell’accoglienza reciproca. Loro sono curiosi… Noi pure. Loro sono “spirituali” e non chiesastici. Noi.. cosa siamo noi?  

Quella “coperta” prima di andare in piazza, piazza Cavour per l’esattezza. Chiusi nel convento delle Clarisse (ospitalità a buon rendere), come sempre con le sedie a circolo. Le persone libro di Siena, che debuttano dicendo il loro testo a 4 voci. La persona libro di Pistoia che rappresenta anche quelle che non ci sono, ancora incerte o timide o “non potevo”. Le persone libro di Arezzo e di Firenze. Noi tre romane, le veterane.

E come sempre la “coperta” è un rito. Io dico magia, forse, per non pronunciare mai la parola “spiritualità”.  Ma le nostre voci, una dopo l’altra, nel silenzio che precede l’intimità del racconto (parole vati di Pennac), nella commozione di trovarsi dentro altre parole che rispondono, fanno eco, risonanti… le nostre voci  – è vero – si levano a preghiera perché ciascuno su questo pianeta prega a modo suo. Magari a voce alta con le parole prese in prestito dai libri che ama o con le parole che ama prese in prestito dai libri. Non sempre è la stessa cosa.

All’inizio la gente era distratta. Passava come solo passa la gente. Di fretta, chiusa. Senza occasioni. I totem sono 4 con i titoli dei libri che siamo e una sorta di “etichetta”: donne e spiritualità, donne e sociale, donne e corpo, donne e uomini. Ma noi scompaginiamo tutto; spostiamo anche i pancali che fanno da sedie. Stiamo all’interno del cerchio composto dai 4 totem, a modo nostro, e aspettiamo.

Accade che  io mi faccio coraggio e comincio ad andare incontro alla gente che passa; un’altra si accosta alle persone che sostano a leggere i titoli stampati sulla parete del totem e inizia a spiegare chi siamo, cosa facciamo.. e così un po’ per caso si formano i primi gruppi di ascolto. Prima sparsi, tenui. Poi sempre più intensi. E la gente comincia a osare, cerca il titolo e chiede… a poco a poco ognuno/a di noi diventa mobile, una persona libro in prestito.

Vorrei ascoltare questo libro: chi di voi lo è?” – “Chi è La madre di Ungaretti?” – “Accabadora!… dov’è Accabadora?” – ” Ma Teresa è quella D’Avila o di Calcutta?“.

Non era mai successo. Non era mai successo di essere in prestito. Questa scelta mirata. Questo pretendere la parola giusta, il libro che sei; e aspettare che finisci di mangiare il gelato perché l’attesa dell’ascolto vale la pena o mettersi in fila con pazienza perché quella persona libro lì sta dicendo un altro testo ma è lei che sa quello che vuoi ascoltare.

Cresce la mira, si fa precisa. Giriamo come trottole, ci tirano giù dagli scaffali; ci ascoltano con attenzione, commentando, ridendo, chi in silenzio, chi facendo domande su tutto. Chi ci stringe le mani, dopo, ripetendo grazie; chi piange e scatena la commozione a risonanza (non ho mai visto tante persone libro piangere per le lacrime di chi le ha ascoltate).

C’è un gruppetto di giovani, vestiti di nero, che si assiepa  a un lato della piazza. Anarchici;  i volti, le pose. C’è aria di tempesta. In due ci avviciniamo al gruppo. Fanno finta di essere feroci. Facciamo finta di essere tranquille. Volete ascoltare dei libri? Ci guardano come guardano i giovani che credono di essere la rivoluzione senza sapere che anche noi vecchi lo siamo stati.

Tra ostilità e sarcasmo ma, in mezzo, questa stranezza: noi siamo persone libro, vuoi ascoltarci? Difficile rispondere. Uno di loro ci prova, il suo vicino volta le spalle. Il gruppo alla fine si allunga fuori della piazza lasciando una specie di pozzanghera d’incertezza e un commento che aleggia un poco nell’aria: ma guarda queste pazze….

E’ proprio vero che i libri sono… pericolosi.

E il giorno dopo è lo stesso. Il giorno dopo chi c’è stato ritorna per condividere con un amico o un’amica il libro che ha sentito. Ci cercano con maggiore precisione. Ai singoli si uniscono i gruppi familiari. E’ domenica: forse c’è più tempo di dedica, più spazio. Le richieste si affollano, noi siamo di meno. C’è qualcuno che fa il giro di tutti i libri… disponibili.

Una suora vestita da suora. Un frate in borghese. Passano. Abitudini di veglia. Non è fastidioso, anzi… sa di cura. Il microfono, al lato in fondo della piazza, ci nomina: fanno promozione. Noi siamo esauste. Alle parole dei libri si assommano i commenti –  i loro – le domande sempre più ampie, i confronti e le riflessioni. Stiamo leggendo in piazza. Stiamo tutti leggendo.

E io penso ad Antonio Rodriguez Menendez che ora, finalmente, torna in Italia. A quella sua  “palabra vinculada” di cui parlerà ad ognuna delle persone libro, vecchie e nuove, camminando per le diverse città; la stessa “palabra” con cui ha “inaugurato” il nostro viaggio più di 3 anni fa. E sulla quale nessuno/a di noi giurerebbe di aver colto fino in fondo il senso.

E vorrei dire ad Antonio che è qui, in questa piazza di Rimini, che io ho toccato, un poco forse, il vinculo. Non l’ho capito: l’ho respirato e basta. Anche mentre per la stanchezza cambiavo le parole al testo o saltavo delle righe o il mio lettore assentiva perché lo sapeva meglio di me a memoria… benedetto Cantico dei Cantici!

Vorrei dire ad Antonio che solo in piazza, qui dove la gente cammina e non passa, dove sa chiedere e pretende, dove aspetta e ascolta, è solo qui che tutto torna finalmente al suo posto: il dire, l’esserci. L’intimità è un legame che se anche dura un istante  ti precipita dentro. Ti àncora. Fa delle parole un peso che ti tiene in piedi davanti a qualcuno che su quelle stesse parole è seduto.

E’ questa la tua palabra vinculada? E’ proprio vero che lo scopriremo…dicendo.

 UDITE UDITE: Dal 26 ottobre all’1 novembre Antonio camminerà l’Italia. Ad Arezzo, a Roma, a Bari, a Portogruaro. Speriamo possiate venire tutti e tutte. Ciascuno con un proprio pezzo di storia da raccontare. Storie lunghe o brevi, di ieri o di qualche piazza fa, appunto.

La mia è ancora qui, tra le mani: è l’ex libris che una signora di Rimini mi ha lasciato, con tanto di Suo Nome e Cognome, perché – ha detto – ora fai parte della mia biblioteca, sei un libro tra i miei libri.

Amen.

(Sul sito dell’Associazione, il Programma del Tour di Antonio Rodriguez Menendez: http://www.donnedicarta.org/)

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. Sandra Giuliani ha detto:

    Ricevo da Luciana T.

    Credo che tutte noi che c’eravamo ci ritroviamo perfettamente nella descrizione che Sandra ha fatto con le parole giuste, per niente esagerate!
    Rimini è stata una esperienza bellissima, forse la più bella…..ma non pongo limiti per il futuro.
    Partiamo dal fatto che non avrei mai pensato che un giorno mi sarei trovata al Festival francescano (non per pregiudizio, solo non mi sarebbe venuto in mente…..) e invece…ho trovato, ho visto, ho percepito una “piazza” curiosa, attenta, partecipe. Questi aggettivi, così in sequenza, rispecchiano i comportamenti dei singoli e ne disegnano l’aspetto collettivo.
    E poi ho notato la presenza in contemporanea di persone di tutte le età. Come sempre, tante donne; ma diversi uomini hanno ammesso, con consapevolezza (e spero con un po’ di rammarico per se stessi) di essere in minoranza perché leggono meno di noi e sono meno inclini a mettersi in gioco, con le loro emozioni ” a vista”!
    Perché le emozioni eccome se vengono fuori anche da parte nostra – lo so, non si dovrebbe, ma, talvolta, è impossibile fare altrimenti!
    Ora aspettiamo tutte l’arrivo di Antonio.
    Abbiamo seguito la strada giusta? Forse sì, forse no, forse in parte.
    Abbiamo certamente seguito la Nostra che ci ha fatto arrivare ad oggi, ad essere in tante/i, in tante città, da Nord a Sud, da Est a Ovest.
    La curiosità, l’attenzione, la partecipazione ce le siamo conquistate con tenacia, ma anche con passione e divertimento. E quello che è successo a Rimini non è un caso, ma una tappa felice del nostro cammino. Come aver finito un libro, pronte ad iniziarne un altro.

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