La forza della voce: da Mozart a Puccini passando per… Dostoevskij

Sabato 25 maggio 2013 ore 18.00 – Drugstore Gallery- via Portuense 317- Roma.

 

L’unico gioco d’azzardo che fa bene è la Cultura, soprattutto quando gli attori sono le persone. Consente una vincita sicura: crescere.
L’unico bene comune inalienabile è fare cultura in prima persona in un’economia di scambio di competenze, e passioni, e desideri.
Consente di esercitare la libertà.
I tagli alla Cultura sono un reato contro la libertà di ogni persona di crescere.

Noi non siamo divulgatori perché non consideriamo la gente un volgo: siamo abituate nell’esercizio pratico, come persone libro, a guardare in faccia le persone, una dopo l’altra, in un gesto che è il riconoscimento di un valore: tu esisti. E se tu esisti, il mio essere qui, il mio dire acquista un senso, una direzione, un’eticità.
Molti, oggi, parlano dell’importanza di ricostruire le relazioni sociali, con “molti” identifico i diversi soggetti del volontariato culturale – quei movimenti dal basso – che si danno da fare in diversi contesti per recuperare, in fin dei conti, una sorta di umanesimo che questo mondo mercantile ha sfaldato e svuotato.
Conoscenza diretta non mediata… un alfabeto sempre più sentito di democrazia partecipata.

È un pensiero della resistenza. Ci siamo dentro da sempre.

Far conoscere allora diventa consentire l’immersione diretta in un’esperienza. Noi questa volta abbiamo scelto come campo d’indagine la voce, il fiato, il respiro… (qualcuno direbbe “il soffio stesso della vita”); questo strumento incomparabile dell’espressione vitale: la voce che dice e la voce che canta. Tutte le cose che vivono hanno una voce.

L’azzardo è accostare la timbrica spontanea, ingenua delle persone libro con la timbrica costruita ad arte del canto lirico. Far risuonare le pagine dei Classici letterari accanto alle vibrazioni delle Arie del Melodramma. Da Mozart a Puccini passando per Dostoevskij, Goethe e Tolstoj. Soffermandoci un poco sulle pagine-testimonianza di una grande interprete della voce: Maria Callas.

Maria Callas
Maria Callas

Ingenuità e maestria sono due facce della medesima passione. Sono dediche. Sono costruzioni.
I cantanti lirici servono una Musa con una dedizione assoluta che deve fare i conti con la vita quotidiana per essere salvata, protetta. Chi canta fa di un sogno una realtà possibile.
Le persone libro servono un’idea della lettura come servizio, come dedica, come condivisione e lo fanno inventandosi del tempo da strappare a tutti gli impegni della vita.

Melodramma e Grande Letteratura. Una tecnica comune: la narrazione. Una vocazione comune: la pretesa all’universalità. Un contenuto in comune: l’amore, in tutte le sue forme e palpitazioni storiche. L’amore come miseria e nobiltà. E ascoltare può essere davvero l’occasione per riflettere su ciò che dobbiamo salvare dell’amore ( e dell’universalità).

Per fare Cultura noi ci poniamo e poniamo domande: la musica è un linguaggio universale? Qual è il potere seduttivo del canto e dell’oralità? E il Melodramma – nella sua vocazione di narrazione popolare – può ancora incantarci? E aggiungerei: è vero che definiamo “Classici” le opere che continuano nel tempo a parlarci? E di quale mondo ci parlano?
Le risposte sono affidate all’ascolto personale. Non c’è alcuna mediazione. La figura del Maestro Silvano Corsi è quella del direttore artistico che con il gesto e con la parola disegna un percorso interpretativo: dove poggia il respiro, dove la parola è suono che si fa senso, dove una lingua appresa diventa un abito da indossare.

Una “Lectio magistralis sulla voce”.

Ma l’altro azzardo è fare intercultura mettendo in scena persone portatrici di lingue e culture diverse: i cantanti lirici dell’Accademia di Roma sono coreani. Un altro mondo di gesti, di pose, di suoni. Un mondo che deve entrare nel mondo musicale del Melodramma e farlo proprio.
Questione di consonanti (le erre) che vanno inventate come sonorità; questione di posture corporali che vanno scosse dalla ieraticità formale di un altro modo di muoversi.

Una “Lectio magistralis sulla varietà delle culture”.

Sullo sfondo il silenzio. Quello “buono” che precede l’intimità di ogni ascolto – e si fa attenzione, lentezza, concentrazione ma anche attesa – e inaugura ogni discorso, sia esso suono o parola detta.

Reggerà il Melodramma all’ascolto di chi è abituato ai teleromanzi o li disdegna altezzoso?
Sapranno dirci ancora qualcosa le parole-pensiero di Maria Callas, di Goethe, Dostoevskij, Tolstoj?

Ho avuto l’onore di ascoltare in anteprima le prove dei cantanti e di vedere comporsi nel gesto del Maestro ogni partitura vocale come una scrittura disegnata nell’aria, e mi sono commossa. Per l’umiltà di ognuno di loro di fronte all’imperativo della musica, in nome della musica.
La medesima commozione mi prende quando attendo che una persona libro faccia il suo ingresso nella parola che dirà, nel Nome dell’autore.
È il medesimo silenzio da cui emerge ogni esposizione umana: tanta paura e tanto desiderio. Di esistere.

“Attenti all’attacco: è lì che nasce il mondo”. Una forza immensa.

Grazie alle persone libro di L’Aquila e di Roma, ai soci infaticabili: Maria Rosaria Ambrogio, Anna Delfini, Antonella Fortunati, Nicoletta Montemaggiori, Alda Morace; ai cantanti coreani Jeong Hwansoo, Shin Sunghee, Park Bin e alla pianista Jang Eunhye dell’Accademia di Roma, alla sua presidente Jinny Jo; al dono di bellezza offertoci dal “Giardino Parioli- Fiori e libri”; a Laura Cianfriglia e Carmela Ariosto del Drugstore Gallery Portuense.
Ma soprattutto grazie a questo meraviglioso poeta, che è Silvano Corsi.