“Libere dalle catene”

Roma, 25 novembre 2017

23845567_10212835050304462_8330983974665620711_o    – Il genere è un fare – diceva Judith Butler, e da lì tutte le conseguenze portate da questa visione binaria tra sesso e genere, genere come costruzione basata sul ruolo e sulla norma e a sua volta norma nell’accezione di normalizzare,  di renderlo conforme a qualcosa che in realtà non esiste e    di conseguenza perché non suscettibile di “prostrazione” e di violenza ?!
Scardinare quindi che il sesso femminile, nel suo senso biologico, sia obbligatoriamente legato al destino (violento).

Perché essere donne dovrebbe equivalere per forza alla possibilità di una violenza o qualsivoglia atto di sottomissione ?

A ripudiare questa credenza e a riscaldare questa giornata di fine novembre ci hanno pensato le Persone Libro, in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle Donne, in parte tristemente dovuta perché si, idealmente, non dovrebbe neanche minimamente essere immaginata nelle Istituzioni fondate sul diritto, sia esso economico, politico o sociale.

Riuscire ad emergere nella deriva sfrenata dello spendere natalizio del Centro Commerciale Euroma2 è stato tuttavia possibile, grazie alla costanza di tutte le partecipanti e superato il momento di iniziale disorientamento tipico di questi “luoghi di aggregazione” .
A ricordare e difendere questa giornata, così come le altre trecentosessantaquattro dell’anno ci hanno pensato loro, non solo donne, non solo uomini – singoli – ma la vera aggregazione, il vero stare insieme, quello delle Persone Libro, delle Biblioteche di Roma, della musica dell’Ukulele Roma Ensemble, accomunate tutte da una sola linea trasversale, la Cultura nel suo senso generico e la Cultura come insegnamento, portatrice di rispetto, valori, fiducia.
La diffusione, consapevole, di un qualcosa di cui tutti erano coscienti, della sua delicatezza e dell’importanza di difenderla: il valore di essere donna.

Lo hanno voluto fare mettendo in mostra il loro stesso corpo, le loro stesse orme, tinteggiate di rosso e non solo attraverso la loro voce; “l’Io Sono” come principio e finale della catena che solo apparentemente le teneva unite, tuttavia ragione di subordinazione, dipendenza, dominio.

E ci sono riuscite con la resistenza al dolore di “Malamore”, di Concita di Gregorio, con le grida contro il femminicidio di “Ferita a morte”, di Serena Dandini con il ripudio e il disgusto apparente di “Requiem” di Isabella Santacroce e di tutte le altre voci.

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Senza dimenticare, il filo conduttore, padre (o meglio madre) delle portatrici di questa avvolgente, colma e fredda giornata, Fahrenheit 451 di Ray Bradbury.

Vittoria Borelli

 

Un commento Aggiungi il tuo

  1. virginialess ha detto:

    Vi seguo da tempo e troverò modo di conoscervi di persona!

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