Un’amiciziona

“In una cultura orale, la restrizione della parola a suono determina non solo la maniera di esprimersi, ma anche i processi intellettivi. Noi sappiamo ciò che ricordiamo. […] Ma anche con un ascoltatore presente, che stimoli e dia senso al nostro pensiero, i suoi frammenti non possono essere fissati in annotazioni scritte, come si potrà mai ricordare ciò che con tanta fatica si è elaborato? L’unica risposta possibile è: pensando pensieri memorabili.”
(Walter J. OngOralità e scrittura, Bologna, Il Mulino, 1986)

 

Un laboratorio di educazione alla lettura creativa con bambini e bambine, dai 5 anni ai 10 anni di età, è un’avventura in mare aperto. Per quanto ci si arrivi preparati, l’infanzia è di per sé un imprevisto, una rovinosa caduta a terra di tutti i piani –  attratti dalla forza di gravità del momento – o l’improvvisa ascesa al cielo appesi a una stella che annienta ogni presunzione adulta e porta più lontano.

L’esperienza al Polo Museale Atac Ostiense (Roma)- treni storici delle poste, primi vagoni delle ferrovie laziali, tram inizi 900 – ha il carattere della plasticità. Dipende dalla luce, dal sole, dalla pioggia, dalla metereopatia che scorre nelle vene dell’infanzia: il senso di libertà che si porta dentro, irrinunciabile, una volta fuori dalle aule. Ma dipende anche dall’incantata oralità dello scambio che si affida esclusivamente, per ogni azione e reazione, alla memoria reciproca. All’inizio pensavamo di audioregistrare gli interventi ma il coinvolgimento diretto è così immersivo che i buoni propositi diventano ogni volta nebulosa.

Urge però, per definire un metodo e  trasmettere un’esperienza, chiedere aiuto alle parole scritte fosse anche solo per fermare pensieri e azioni cercando di misurare lo scarto tra i piani iniziali e quanto realmente accade.

Il lavoro preparatorio si è basato su un equivoco: immaginavamo di dover seguire le stesse classi per un determinato periodo creando quindi un percorso formativo per ogni classe composto da almeno 3/4 incontri. A tal fine l’idea, elaborata da Anna, da me e Letizia, consisteva sinteticamente nell’impostare un laboratorio di Lettura Creativa utilizzando le regole degli scacchi, le regole della scrittura narrativa (soprattutto quelle del Giallo) e le regole di composizione delle filastrocche come strumenti operativi per inventare giochi ed esercizi che portassero i bambini e le bambine ad ampliare il concetto di lettura scoprendo che tutto, intorno a loro, può essere “letto” ossia decodificato, interpretato  e che l’immaginazione trova poi nella ricchezza del lessico e della costruzione sintattica il suo reame del possibile attraverso la descrizione e la narrazione.

In altre parole le “regole” come un metodo esplorativo e creativo e non come un obbligo.

Nella realtà dei fatti ogni incontro si è rivelato un unicum: le scuole che hanno aderito al Progetto “Adotta un treno”, e scelto il nostro Laboratorio, non programmano più di un’uscita.  L’età dei bambini e delle bambine varia dalla materna alle elementari, quindi dai 4 ai 10 anni costringendo il nostro linguaggio a modificarsi adeguatamente . Il tutto si condensa e si conclude in quei 50 minuti, due incontri per due classi diverse: materna e/o elementare.

Come condensare allora il progetto immaginato? Utilizzare a esempio di tutto un solo pezzo della scacchiera e poi giocare con le regole narrative e con le filastrocche assunte a completamento del lavoro fatto? Ci abbiamo provato con qualche classe: abbiamo giocato con il Cavallo, l’Alfiere e la Torre. E per inventare le filastrocche – con severa attenzione alle parole in rima – abbiamo usato le domande di base della Grammatica narrativa: chi, cosa fa, come, quando, dove, perché.

Abbiamo ricevuto in dono Cavalli marroni e Cavalli dagli occhi viola, filastrocche in cui panza faceva rima con lontananza, Alfieri fatti di coccio o che portano regali e Torri alte alte. Abbiamo danzato in diagonale o saltato facendo una elle. Ma non siamo riusciti a muoverci uno dopo l’altro spostandoci di posto da una fila all’altra (frontali) perché a 4 anni lo spazio fa paura e lo si affronta tutti insieme tenendosi per mano e  la risposta più vera alla domanda: com’è la tua Torre? ce l’ha fornita una bimbetta, di 4 anni scarsi,  indicando il disegno appeso al collo e  con l’indice minuscolo se stessa  sussurrando: io, qui.  Gli aspetti essenziali dell’essere.

C’era una volta… – Chi c’era secondo voi? una parola con la A!
Un’Ape… – Benissimo! E come era quest’Ape? Una parola con la T!
Tipo, – Quindi?
C’era una volta un’Ape che era proprio un bel Tipo –  Bene! E cosa faceva l’ape?
C’era uno scoiattolo che si chiamava Alvin – Uno scoiattolo!? E dov’è finita l’ape!? Ridono, poi urlano tutti insieme: scoiattolo scoiattolo!… Va bene l’ape è volata via, pazienza! e che faceva Alvin?
 Si mangiava un’arancia – Urla soddisfatto un bambino saltandomi addosso mentre gli altri ripetono felici: Sì, sì, un’arancia!!! E dove stava Alvin a mangiare l’arancia?
Su un albero –  Fingo di piangere: ma sono sempre parole con la A! protesto e la povera T?!
Che si chiamava Tito – Tito?! e quando mai un ramo ha un Nome?, mi lamento  esterrefatta. E loro ridono e gridano convinti: Sì sì si chiamava Tito. E sia, mi arrendo. Ma che succede poi?
Cade dal ramo – E le parole con la A e con la T?! Le hanno rubate tutte?
Cade dal ramo su un Topo…E gridano sputando la T di topo per farmela sentire meglio. Bene! E com’è questo Topo?
…VOLANTE! e saltano come matti  chi imitando il volo del topo chi  lo scoiattolo Alvin. Una vocina sottile sottile sussurra: ma un topo volante è un pipistrello.

La filastrocca disobbediente alle rime e alle lettere date diventa allora il pretesto per una traduzione mimica, prima la ripetiamo tutti e tutte in coro, per impararla, e la recitiamo ai bambini e alle bambine che non hanno partecipato alla sua invenzione e poi con qualcuno più coraggioso proviamo a mimarla: l’ape bzz, lo scoiattolo squick (gesti e suoni insieme): chi fa l’albero?- Io io! – Forza allora, Alvin deve saltare su un ramo… Non l’avessi mai detto: un’orda di scoiattoli assassini si lancia addosso all’albero-bambino e crollano tutti a terra.

Classi elementari

Succede che dalla semplice domanda iniziale: vi piace leggere? alla quale tutte le classi rispondono sempre Sìììì in coro, sotto l’occhio vigile delle maestre che non ammetterebbero altre soluzioni, si arrivi a scoprire insieme che leggere è un’attività che non impegna solo le parole scritte o i disegni. Usiamo la sala della mensa per scoprire insieme quante e quali siano le cose che ci circondano e che, a osservarle meglio, sono tutte cose da leggere.

Osservare, descrivere. Cosa, come. La percezione tattile ci conduce a distinguere ciò che è liscio – la superficie del tavolo  – da ciò che è ruvido, come  il legno pressato che spunta dallo sbrecco della plastica ai bordi. La percezione visiva ci aiuta a costruire filiere: il rosso dell’estintore è analogo al rosso della ringhiera e della cornice disegnata sul muro.  Mentre l’esplorazione delle forme rivela la bellezza di scomporre gli oggetti dando un nome alle parti: com’è fatta una sedia? come si chiama la base dove siedi? e il pezzo dove appoggi la schiena? e la struttura che la tiene in piedi?  E non mi ricordo nemmeno come dai tavoli e dalle sedie terrestri si arrivi alla costellazione del Carro celeste: numeri e stelle che un bambino illustra con ricchezza di gesti e povertà di parole: su, a destra, questa linea, quattro no tre stelle, e la maniglia che  è… quasi un arco – suggerisce qualcuno –  ma non l’arco delle frecce – precisa un altro – un arco come quello degli acquedotti ma interrotto, – qui sono io a voltarmi colpita  – insomma una curva! dice spazientito con se stesso il bambino che conosce le stelle e che cerca disperatamente di far vedere a tutti la maniglia, la sua curvità  che, appena raggiunta, diventa una chiave di lettura di altri oggetti nella stanza, e vi partecipano tutti a gara: guarda! è curvo lo snodo del tubo sul soffitto, è curva la forma dell’estintore ma no! è un cilindro! Arco, curva, cilindro…  hanno gettato da soli una rete da pesca e si godono, tirandola su, i doni nascosti nel mare delle parole.

Ma anche l’esperienza personale serve per comprendere gli oggetti quando cercando di capire insieme quale sia la figura di composizione delle piastrelle sulla parete – quel loro non essere in file parallele, come dice qualcuno – una bambina alza la mano e sentenzia: a campana! Quella del gioco infantile ovviamente.

Con questa età, dagli 8 ai 9 anni, tutto, intorno e dentro di noi,  diventa facilmente oggetto di lettura; ogni cosa comunica, crea una relazione con un’altra tramite il colore, la forma, la sensazione, l’esperienza personale che  diventa  naturalmente narrazione; e  la  ricerca di precisione nell’osservare, nel descrivere il mondo vicino e lontano,  il desiderio prepotente e improvviso di esattezza delle proprie parole  costruiscono una realtà nuova, delicata e fragile, che passa negli occhi di tutti veloce come una sorpresa. Desiderio e invenzione  si trovano fianco a fianco nell’esplorazione di un mondo che fino a un attimo prima sembrava opaco e quindi invisibile e che ora emerge dalle nebbie, inedito e straniante, portando in dono con le emozioni un bisogno di parole.

Io posso leggere anche la frutta, vero? Per esempio? Posso leggere una mela.  Certo.
Può essere aspra, aggiunge un altro. E fa una smorfia.
No,  dico la mela quando cambia colore e forma mentre cresce.

Si possono leggere le persone? – chiede una bambina molto timida.

Provate a rappresentare con azioni, quindi usando il corpo e/o il viso, sentimenti ed emozioni che gli altri compagni devono cercare di comprendere. Vi va? Sììììììììììììì!!!! Chi vuole provare?

Due bambini si mettono uno davanti all’altro pizzicandosi reciprocamente le guance con un gran sorriso. Cosa vogliono dire?

Amicizia! – urlano dalla sala – si vogliono bene! si sono simpatici! E le voci si accavallano senza che i due mimi restino soddisfatti: ci rivelano infine che avevano voluto rappresentare la Felicità.
Beh, nella felicità c’è tutto quello che abbiamo detto noi – replica sbuffando un bambino.

Un altro si para davanti ai compagni. Prende un bel respiro poi si accascia sgonfiandosi tutto su un lato, collo testa gamba piede sinistri. Cosa vuole dire?
CHE SI ANNOIA! Gridano tutti e tutte applaudendo fermamente convinti di averci azzeccato. Ed è vero.

I mimi attori, gli inventori espressivi sgomitano a gara.
E’ la volta di tre bambine che si abbracciano per le spalle in un trittico e restano così, immobili, come il fermo-immagine dello start di una corsa che non avviene. Cosa vogliono dire?
Le ipotesi si rincorrono, tante ma inutili, c’è chi si inventa addirittura una storia, niente. Chiediamo a loro la soluzione.
Un’amicizia grande grande. Rivelano un po’ dispiaciute per la nostra incomprensione.
Un’amiciziona! dice qualcuno. E ridiamo tutti.

Anna e Sandra

 

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. rmmarini@libero.it ha detto:

    Molto bello!

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  2. annadelfini ha detto:

    E’ un viaggio. Ci sono voluti due mesi e ben 6 incontri con 12 classi, dalle materne alle 3^ elementari di scuole sempre diverse, per capire noi la strada e indirizzare nel verso giusto quel “laboratorio di lettura creativa” (così è stato intitolato il nostro progetto originale) da far seguire ai bambini.
    Non è finita, abbiamo ancora molto cammino da fare, e il racconto fino ad ora è la restituzione di quanto con l’immaginazione e l’improvvisazione e lasciandoci guidare dagli stessi bambini, siamo riuscite a elaborare.
    I bambini hanno “letto” e disegnato la stanza, i loro volti e i loro corpi; hanno immaginato le costellazioni e le hanno “raccontate” ai loro compagni e al termine di ogni incontro hanno lasciato fogli scritti che diventeranno un libro vero e proprio.
    Questa l’ultima scommessa. Ci riusciremo? Speriamo.
    Intanto il viaggio continua…

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  3. Stefano Gambelli ha detto:

    Molto bello ed educativo e serve per avvicinare i bambini alla lettura sotto quest’aspetto un po’ pigri

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